Testamento poco chiaro? La volontà del testatore può emergere anche dal suo comportamento in vita | Studio Legale Scavo

Testamento poco chiaro? La volontà del testatore può emergere anche dal suo comportamento in vita | Studio Legale Scavo

Nel caso in cui un testamento olografo, ossia scritto di pugno dal testatore, presenti delle lacune tali da non renderne chiare o specifiche le disposizioni, è possibile, ai fini interpretativi, tener conto dei comportamenti tenuti dal testatore quando era in vita.

Nell’interpretazione del testamento scritto di pugno dal testatore, che tanti problemi spesso genera in virtù della grafia o della paternità delle parole, è affermazione ormai costante e del tutto condivisibile che le norme dettate per la cosiddetta interpretazione soggettiva dei contratti (artt. 1362-1365), che rendono possibile un’interpretazione del contratto che tenga conto della reale volontà dei contraenti, sono applicabili anche ai negozi mortis causa ed in particolare al testamento, specie in ragione del fatto che il testamento, essendo un atto di ultima volontà, una volta morto il testatore non è più ripetibile e rinnovabile.

Ciò impone una più penetrante ricerca della volontà del testatore , che riconosca  all’interprete , nell’ottica di una più ampia libertà d’indagine, di poter effettuare una valutazione globale della volontà del de cuius, tenendo conto di elementi di carattere sia testuale  che extratestuale, come ad esempio i comportamenti tenuti in vita e facilmente documentabili.

Su tale punto si incontra anche una Giurisprudenza costante della Cassazione, che partendo dalla famosa sentenza 7025 del 1986, ha stabilito che L’interpretazione del testamento è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca della volontà del testatore, la quale, alla stregua dellart. 1362 c.c., va individuata sulla base dell’esame globale della scheda testamentaria, con riferimento anche ad elementi estrinseci alla scheda stessa, come la cultura, la mentalità e l’ambiente di vita del testatore medesimo. Pertanto il giudice di merito può attribuire alle parole usate dal testatore un significato diverso da quello tecnico e letterale, quando si manifesti evidente, nella valutazione complessiva dell’atto, che esse siano state adoperate in senso diverso, purchè non contrastante e antitetico, e si prestino ad esprimere in modo più adeguato e coerente la reale intenzione del de cuius.” (Cass. 7025/86).

Si privilegia, dunque, la componente psicologica, tenendo presente  che solo la giusta valutazione complessiva e attuale – oltre che del contenuto del testo redatto dal testatore-  di tutti gli elementi a disposizione, riconducibili alla persona del testatore, può permettere una corretta e fedele ricostruzione dell’intenzione del caro estinto, onde, ovviamente, evitare che disposizioni ambigue possano generare degli insanabili conflitti famigliari

Quanto scritto, inoltre,  trova un’importante conferma all’interno del nostro Codice Civile.  proprio in materia testamentaria , nella norma contenuta nell’art. 625 c.c. laddove si precisa che Se la persona dell’erede o del legatario è stata erroneamente indicata, la disposizione ha effetto, quando dal contesto del testamento o altrimenti risulta in modo non equivoco quale persona il testatore voleva nominare

 Si noti bene che, però, il ricorso ad elementi esterni al testo contenente le disposizioni di ultima voltontà in tanto è possibile in quanto  deve essere diretto a interpretare le disposizioni testamentarie, non certo a integrare o a modificare il testamento attraverso una ricostruzione di quella che avrebbe potuto essere la volontà del de cuius rispetto ai beni e alle situazioni giuridiche da lui del tutto trascurate nella redazione della scheda.

Quindi, qualora vi sia un contrasto inerente presunti eredi non citati all’interno del testamento, oppure attribuzioni effettuate in maniera dubbia e, magari, sotto l’influenza di persone che hanno profittato della situazione di minorazione psico fisica di un anziano o di una persona inferma di mente, andranno esperite delle diverse azioni giudiziarie, volte o a far annullare il testamento o a sollevare, come nell’ultima circostanza citata, una vera e propria fattispecie di reato.

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